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I PRIMI 5 GIORNI DI UNA VITA UMANA
Una riflessione è doverosa a seguito della recente emanazione della Determina dell'AIFA n. 998 dell'8 ottobre 2020 sull'abolizione, anche per le minorenni, dell'obbligo di ricetta per la c.d. "contraccezione di emergenza" fino a cinque giorni successivi a un "rapporto non protetto".
Meditando le parole di Papa Francesco il quale nella sua ultima enciclica "Fratelli Tutti" denuncia che "persistono oggi nel mondo numerose forme di ingiustizia, nutrite da visioni antropologiche riduttive e da un modello economico fondato sul profitto, che non esita a sfruttare, a scartare e perfino ad uccidere l'uomo" (TF22), ci rendiamo conto di trovarci, oltre che di fronte a velate forme di manipolazione sanitaria, anche di fronte ad un profondo vuoto etico ed educativo che lambisce la popolazione, investendone soprattutto quella parte più fragile e vulnerabile rappresentata dai nostri giovani ed adolescenti. Il punto dirimente, da cui poi conseguono tutte le scelte successive risiede nel grado di considerazione che la società ha nei confronti dei figli nei primissimi momenti della loro esistenza nel grembo della mamma.
Sono ritenuti o meno esseri umani?
Diamo allora uno sguardo alla biologia umana facendoci aiutare dalla ricerca scientifica: "Non esiste infatti intervallo di tempo in cui lo sviluppo della vita umana, prima della nascita, non sia caratterizzata - oltre che da un patrimonio genetico unico e irripetibile -, da un'autonomia biologica (provata dal fatto che tutti siamo vissuti per circa 8 giorni, dal concepimento fino all'impianto, senza fonti ossigenative dirette ma utilizzando l'energia trasformata dal materiale tubarico che circondava le nostre cellule iniziali), e da uno sviluppo altrettanto autonomo e dal cosiddetto cross-talk, il colloquio incrociato con la madre ai fini dell'impianto e della tolleranza immunologica, rispetto al quale giustamente il laicissimo British Medical Journal, nell'editoriale del novembre 2000, affermava: "L'embrione non è passivo: è un attivo direttore d'orchestra del suo impianto e del suo destino futuro". Dunque la mamma si prende cura del figlio fin dagli albori della sua esistenza e pure questo, in qualche modo, provvede a sè stesso". (cfr. Atti 23° Premio Internazionale Alessio Solinas, indetto dal Movimento per la Vita Italiano). Traiamo qualche ulteriore, interessante spunto dal lavoro di Lucia Barocchi: "La vita umana: prima meraviglia!" (Centro Documentazione e Solidarietà - Roma).
Ogni nostra cellula ha un nucleo che contiene esattamente 46 cromosomi formati da un acido - il DNA - che contiene un numero incalcolabile di geni: il nostro patrimonio ereditario. Da questi geni e da come sono combinati fra loro, dipendono le caratteristiche che ci distingueranno. Le cellule mature per la fecondazione, cioè l'ovulo materno e lo spermatozoo paterno, nel maturarsi perdono - ogni volta a caso! - metà dei loro cromosomi e quindi metà delle loro caratteristiche. Grazie a ciò la cellula-figlio, frutto del loro incontro, avrà una normale dotazione di 46 cromosomi: 23 forniti dal padre e 23 dalla madre. Ma nel concepimento, i cromosomi paterni e materni si accoppiano mescolando i loro geni. Le possibili combinazioni offerte dai miliardi di caratteri sono infinite: il bimbo che nascerà sarà originale, unico e irripetibile! Non ne nasceranno mai altri uguali a lui. Nessuno si spiega come sia possibile che una cellula microscopica si riproduca in miliardi di cellule aventi la stessa combinazione genetica, diversa da quella di ogni altro essere umano, che fa sì che le cellule si riconoscano tra di loro senza pericolo di rigetto.
E rimaniamo attoniti nel constatare come queste cellule tutte identiche tra loro, aventi lo stesso nucleo genetico, lavorino concordemente dando origine a tessuti tanto differenziati, fino alla perfetta realizzazione del progetto comune stampato nel loro intimo, teso alla strabiliante edificazione di un corpo umano! Infatti, poche ore dopo la fecondazione, la cellula-figlio, traboccante di vitalità, riesce già a moltiplicarsi, raddoppiandosi vertiginosamente fino a divenire miliardi, sotto l'impulso di una incalcolabile energia.
Così il piccino, impegnato nei primissimi giorni in questo prodigioso lavoro, scende dolcemente lungo il canale della tuba, sospinto dalle frange della salpinge. Certo le sue dimensioni sono ancora minuscole, si presenta come una pallina di cellule simili a una piccola mora, chiamata appunto morula, ma la creatura che dal concepimento ha cominciato ad esistere, è già al 100% un essere umano. Fra il quarto e quinto giorno esce finalmente dal tunnel e si trova a spaziare nell'utero.
Ora lui vuole crescere davvero, ma il suo cestino da viaggio si è esaurito! Perciò, ecco che..."comunica": manda un messaggio alla mamma per chiederle aiuto. E glielo chiede usando il codice ormonale, emettendo cioè sostanze organiche dirette alle centrali materne. La risposta desiderata non si fa attendere: la mucosa uterina si affretta a soddisfare il piccolo, diventando soffice per offrirgli nido e nutrimento. E la piccola mora "prende terra": conta sulla madre, come farà sempre....
Peccato che, proprio in quei primi, preziosissimi 5 giorni, nel caso il concepimento sia avvenuto, una pillola dal nome femminile ma che non ha nulla di materno, rende l'utero inospitale causando la morte del concepito.
Eleonora Antonucci
13.10.2020
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